Il virus della Leucemia felina (FeLV) è stato identificato per la prima volta nel 1964 in Scozia in gattili dove si era sviluppata una vera e propria epidemia di tumori. Tale infezione è una delle principali cause di morte del gatto domestico, soprattutto quando è presente la coabitazione con più gatti (pensioni, allevamenti, gattili): circa il 33% delle morti causate da tumori è associata all’infezione da FeLV, mentre un numero ancora superiore di gatti FeLV positivi muore a seguito dell’immunosoppressione indotta dal virus. In alcuni casi (rari) il gatto non manifesta mai i sintomi della malattia. L’infezione da FeLV è più frequente nei gatti FIV positivi.
La via di contagio più comune è rappresentata dal contatto con i liquidi organici infetti, in particolar modo la saliva, in seguito a morsi del combattimento, la pulizia reciproca, la condivisione del cibo e delle stesse ciotole per l’acqua. E’ comunque possibile anche l’infezione attraverso l’assunzione del latte materno. Il virus è invece molto labile nell’ambiente esterno e viene inattivato dagli agenti atmosferici e dai comuni detergenti e disinfettanti. Il virus, una volta penetrato nell’animale per via oronasale, replica inizialmente a livello delle tonsille per poi diffondersi al tessuto linfoide, al midollo osseo, alla mucosa intestinale e respiratoria e alle ghiandole salivari (questo processo avviene in 2-4 settimane e rappresenta la fase viremica dell’infezione). A questo punto l’evoluzione dell’infezione da FeLV (con i diversi quadri clinici) dipenderà da diversi fattori: il ceppo virale, la dose infettante e la durata dell’esposizione, lo stato immunitario del soggetto e la sua età (la sensibilità all’infezione è infatti inversamente proporzionale all’età dell’animale).
Potremo quindi avere gatti con:
1. Viremia persistente (circa il 33%) con manifestazione dei segni clinici delle patologie correlate all’infezione; tali soggetti di solito muoiono entro 3-5 anni dalla diagnosi iniziale.
2. Viremia transitoria (infezione latente) in cui il virus si localizza a livello del midollo osseo (senza dare sintomi) ma che può riattivarsi in seguito a determinati stimoli o a trattamenti farmacologici immunodepressivi; di solito in tali animali comunque l’infezione si estingue nell’arco di 3 anni.
3. Viremia transitoria (estinzione del’infezione) in cui l’organismo è in grado di neutralizzare il virus con risoluzione dell’infezione in 4-6 settimane.
Da un punto di vista sintomatologico la prima fase viremica è spesso non osservata dai proprietari in quanto può essere presente solo una linfadenopatia generalizzata più o meno grave. Le patologie correlate all’infezione invece appaiono solo tardivamente (fino a 3 anni dall’infezione primaria) e possono determinare la comparsa di neoplasie linfoidi maligne (in circa il 25% dei gatti FeLV positivi), vari disordini a carico di tutti gli apparati/sistemi, infezioni a carico degli apparati respiratorio, gastro-enterico e urinario in seguito alla caduta dell’immunità. Un’altra lesione osservata frequentemente in gatti FeLV (ma anche FIV) positivi, sono le stomatiti ulcero-proliferative che spesso sono l’unico segno dell’infezione. Per la diagnosi della sono disponibili dei test di laboratorio che permettono di evidenziare la presenza o meno dell’infezione.
Bisogna però ricordarsi che alcuni soggetti FeLV positivi possono divenire in seguito negativi a causa dell’eliminazione del virus da parte dell’organismo e che alcuni, pur essendo FeLV positivi, non sviluppano mai dei sintomi e vivono una vita pressochè normale.
Al momento attuale non esiste un protocollo terapeutico efficace nei confronti di questa infezione in quanto la sintomatologia presente è dovuta dell’immunosoppressione e non ad un effetto diretto del virus. Il trattamento più efficace nei confronti di questa malattia potenzialmente mortale per il gatto è sicuramente la prevenzione: la sterilizzazione, evitando zuffe, accoppiamenti selvaggi e comportamenti a rischio (soprattutto in gatti che escono all’aperto), è un ottimo metodo sia di prevenzione che di limitazione della diffusione del virus. Esiste un vaccino ma vista la sua relativa pericolosità (tumori in sede di inoculo e frequenti reazioni avverse), si sconsiglia di praticarlo se non in situazioni veramente particolari.
La via di contagio più comune è rappresentata dal contatto con i liquidi organici infetti, in particolar modo la saliva, in seguito a morsi del combattimento, la pulizia reciproca, la condivisione del cibo e delle stesse ciotole per l’acqua. E’ comunque possibile anche l’infezione attraverso l’assunzione del latte materno. Il virus è invece molto labile nell’ambiente esterno e viene inattivato dagli agenti atmosferici e dai comuni detergenti e disinfettanti. Il virus, una volta penetrato nell’animale per via oronasale, replica inizialmente a livello delle tonsille per poi diffondersi al tessuto linfoide, al midollo osseo, alla mucosa intestinale e respiratoria e alle ghiandole salivari (questo processo avviene in 2-4 settimane e rappresenta la fase viremica dell’infezione). A questo punto l’evoluzione dell’infezione da FeLV (con i diversi quadri clinici) dipenderà da diversi fattori: il ceppo virale, la dose infettante e la durata dell’esposizione, lo stato immunitario del soggetto e la sua età (la sensibilità all’infezione è infatti inversamente proporzionale all’età dell’animale).
Potremo quindi avere gatti con:
1. Viremia persistente (circa il 33%) con manifestazione dei segni clinici delle patologie correlate all’infezione; tali soggetti di solito muoiono entro 3-5 anni dalla diagnosi iniziale.
2. Viremia transitoria (infezione latente) in cui il virus si localizza a livello del midollo osseo (senza dare sintomi) ma che può riattivarsi in seguito a determinati stimoli o a trattamenti farmacologici immunodepressivi; di solito in tali animali comunque l’infezione si estingue nell’arco di 3 anni.
3. Viremia transitoria (estinzione del’infezione) in cui l’organismo è in grado di neutralizzare il virus con risoluzione dell’infezione in 4-6 settimane.
Da un punto di vista sintomatologico la prima fase viremica è spesso non osservata dai proprietari in quanto può essere presente solo una linfadenopatia generalizzata più o meno grave. Le patologie correlate all’infezione invece appaiono solo tardivamente (fino a 3 anni dall’infezione primaria) e possono determinare la comparsa di neoplasie linfoidi maligne (in circa il 25% dei gatti FeLV positivi), vari disordini a carico di tutti gli apparati/sistemi, infezioni a carico degli apparati respiratorio, gastro-enterico e urinario in seguito alla caduta dell’immunità. Un’altra lesione osservata frequentemente in gatti FeLV (ma anche FIV) positivi, sono le stomatiti ulcero-proliferative che spesso sono l’unico segno dell’infezione. Per la diagnosi della sono disponibili dei test di laboratorio che permettono di evidenziare la presenza o meno dell’infezione.
Bisogna però ricordarsi che alcuni soggetti FeLV positivi possono divenire in seguito negativi a causa dell’eliminazione del virus da parte dell’organismo e che alcuni, pur essendo FeLV positivi, non sviluppano mai dei sintomi e vivono una vita pressochè normale.
Al momento attuale non esiste un protocollo terapeutico efficace nei confronti di questa infezione in quanto la sintomatologia presente è dovuta dell’immunosoppressione e non ad un effetto diretto del virus. Il trattamento più efficace nei confronti di questa malattia potenzialmente mortale per il gatto è sicuramente la prevenzione: la sterilizzazione, evitando zuffe, accoppiamenti selvaggi e comportamenti a rischio (soprattutto in gatti che escono all’aperto), è un ottimo metodo sia di prevenzione che di limitazione della diffusione del virus. Esiste un vaccino ma vista la sua relativa pericolosità (tumori in sede di inoculo e frequenti reazioni avverse), si sconsiglia di praticarlo se non in situazioni veramente particolari.