25 marzo 2008

Obiezione di coscienza alla sperimentazione animale

Legge sull'obiezione di coscienza
alla sperimentazione animale (legge 413 del 12 ottobre 1993)
Per chi non lo sapesse, oggi la legge tutela chi si rifiuta di eseguire esperimenti sugli animali. L'obiezione di coscienza obbliga le Università ad organizzare corsi di studio alternativi per le facoltà scientifiche, e vieta qualsiasi tipo di discriminazione, accademica o economica, per chi vi aderisce. Inoltre nell’Art. 3, comma 5, si dice chiaramente che "tutte le strutture pubbliche e private legittimate a svolgere sperimentazione animale hanno l'obbligo di rendere noto a tutti i lavoratori e gli studenti il loro diritto ad esercitare l'obiezione di coscienza alla sperimentazione animale. Le strutture stesse hanno inoltre l'obbligo di predisporre un modulo per la dichiarazione di obiezione di coscienza alla sperimentazione animale". Moduli stampabili (formato word e pdf):

DICHIARAZIONE DI OBIEZIONE DI COSCIENZA ALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE PER MEDICI, RICERCATORI,PERSONALE SANITARIO DEI RUOLI DEI PROFESSIONISTI LAUREATI, TECNICI ED INFERMIERISTICI: SCARICA (word)

DICHIARAZIONE DI OBIEZIONE DI COSCIENZA ALLA SPERIMENTAZIONE ANIMALE PER STUDENTI UNIVERSITARI: SCARICA (pdf)

10 marzo 2008

Le uova non sono tutte uguali

Un codice alfa numerico (stampato sull’uovo) identifica, per legge, ogni uovo:
il primo numero indica la tipologia di allevamento
0 = biologico: spazio di almeno 2,5 m. quadrati per gallina su terreno all'aperto con vegetazione, massimo di 12 galline per metro quadrato al coperto, presenza di nidi per deporre le uova, trespoli, lettiere per bagni di terra, alimenti biologici, NON SI ADDIZIONANO ANTIBIOTICI né altri farmaci al cibo a scopo profilattico.

1 = all'aperto: accesso quotidiano all'aperto, presenza di vegetazione, spazio di almeno 2,5 m quadrati per gallina, presenza di nidi, trespoli, lettiere, un massimo di 12 galline per m quadrato. NON SI ADDIZIONANO ANTIBIOTICI né altri farmaci al cibo a scopi profilattici.

2 = a terra (7-12 galline per 1 metro quadrato su terreno COPERTO di PAGLIA O SABBIA) -capannoni privi di accesso all'esterno, con nidi trespoli e lettiere - USO ABITUALE DI ANTIBIOTICI che viene aggiunto al cibo a scopo profilattico.
3 = IN GABBIA (25 GALLINE PER 1 METRO QUADRATO IN POSATOI CHE OFFRONO 15 CM. PER GALLINA) -UNA SCATOLA DI SCARPE PER TUTTA LA "VITA"!-, USO MASSIVO DI ANTIBIOTICI, aggiunti al cibo a scopo preventivo (il sovraffollamento è responsabile del diffondersi di infezioni), TAGLIO DEL BECCO per evitare gli atti di cannibalismo, impossibilità totale di esprimere comportamenti naturali, luce artificiale forzata.

Le seconde due lettere impresse sull'uovo indicano invece il paese di provenienza o codice dello stato ("IT" = Italia).
Le tre cifre successive indicano il codice ISTAT del comune dove è ubicato l'allevamento e le due lettere vicine la provincia di produzione.
Un numero progressivo di tre cifre consente di identificare in modo univoco l'allevamento di provenienza in cui la gallina ha deposto l'uovo.

Le immagini e le scritte presenti sulla confezione servono unicamente ad invogliare all'acquisto (galline ruspanti, fattorie, ecc.) e non dicono assolutamente nulla sulla natura delle uova, quindi non fatevi influenzare dall'apparenza: l'unico modo per sapere ciò che si acquista, almeno per ora, è controllare il codice stampato su ll'uovo!

7 marzo 2008

Gatti donne in gravidanza e toxoplasmosi


Molti ginecologi spaventano le pazienti in dolce attesa con lo spauracchio della toxoplasmosi. Le donne in gravidanza,  seguendo le direttive di medici poco aggiornati e mal informati in materia, allontanano così da casa il/i proprio/i gatto/i evitando ossessivamente il contatto con i felini.  Nel corso di questo articolo vengono sfatati quelli che sono i più radicati quanto inutili (e dannosi) pregiudizi.
La toxoplasmosi è una malattia causata da un piccolo organismo, un protozoo che si chiama Toxoplasma gondii, una malattia che può essere pericolosa per il feto soprattutto se contratta nel primo quadrimestre di gravidanza. L’ospite definitivo di Toxoplasma è il gatto, che, se infestato, emette il parassita nell’ambiente attraverso le feci: da qui sono nati numerosi miti da sfatare, secondo cui le donne recettive (non già immuni) in gravidanza  non dovrebbero avere contatti con i gatti. Vediamo di seguito tutti i motivi scientificamente documentati per smantellare questi inutili “terrorismi medici”:
1- La toxoplasmosi non è una malattia propria del gatto ma è comune a quasi tutti i mammiferi, gli uccelli, i rettili e persino alcuni molluschi. Ci si può infestare ingerendo le carni crude o poco cotte degli animali infestati (soprattutto agnello, selvaggina, maiale da cui gli insaccati, a volte manzo), mangiando degli ortaggi mal lavati contaminati con le oocisti o facendo del semplice giardinaggio (la terra può facilmente essere contaminata da oocisti).  Infestarsi attraverso il contatto con le feci del gatto (che a sua volta dev’essere infestato) è possibile soltanto in determinate condizioni.
2- E’ stato ridimensionato il ruolo del gatto come portatore della malattia, in particolare se si tratta di un gatto domestico, la cui lettiera viene pulita frequentemente: sono necessarie infatti al minimo 24 ore affinché il parassita presente eventualmente nelle feci del gatto (sotto forma di oocisti) assuma una forma di resistenza e diventi quindi infestante per l’uomo. Il gatto normalmente emette le oocisti solo per 2 settimane durante la fase acuta della malattia. E’ inoltre molto remota la possibilità che un gatto che vive in casa si infesti con Toxoplasma, soprattutto se nella sua dieta non sono abitualmente presenti carni crude di roditori ed uccellini a loro volta portatori di Toxoplasma.
3- E’ sufficiente seguire dei piccoli accorgimenti per tutelare la propria salute e quella del nascituro:  cambiare frequentemente la lettiera (basta una volta al giorno), usare eventualmente i guanti e comunque lavarsi le mani dopo l’operazione. Evitare di consumare carni crude o poco cotte (compresi insaccati), lavare bene gli ortaggi  con acqua corrente e bicarbonato, usare i guanti quando si fa del giardinaggio.
Allontanare il proprio gatto dalla casa ed evitare ogni contatto con i felini quando si è in gravidanza è del tutto inutile, il rischio di contrarre la toxoplasmosi dal proprio gatto è infatti molto basso (praticamente nullo se si seguono i consigli sopra citati), molto più basso di quello che si corre mangiando carni crude o poco cotte (compresi insaccati), facendo del giardinaggio o mangiando degli ortaggi mal lavati.
Manuela Cassotta

Riferimenti bibliografici


Seipel Da Silva Azer, D., Bahia-Oliveira, L.M., Shen, S.K., Kwok, O.C., Lehman, T., Dubey, J.P. 2003. Prevalence of toxoplasma gondii in chickens from a highly endemic area to humans in southern brazil. Journal of Parasitology 89:394-396.
Hwang, Y.T., Pitt, J.A., Quirk, T.W., Dubey, J.P. 2007. Toxoplasma gondii in mesocarnivores in Canada. Journal of Parasitology 93:1370-1373. seroprevalence of toxoplasma gondii in mesocarnivore of the canadian prairies . Journal of Parasitology.
“Parassitologia veterinaria”, G.M. Urquhart; J.Armour; J.L.Duncan; A.M.Dunn; F.W. Jennings. Ed. italiana a cura di C. Genchi. Casa Ed. UTET.
Remington, Klein: “Infectious Diseases of fetus and newborn infant” ed. Saunders 1990 ; 1995 ; 2001.
H. Pelloux : Congenital toxoplasmosis: prevention in the pregnant woman and management of the neonate. Arch Pediatr , 206-12 , 2002.
R. Gangneux : Contribution of new techniques for the diagnosis of congenital Toxoplasmosis. Clin Lab , 47, 135-41, 2001.

6 marzo 2008

Ratti e topi: un po' di chiarezza

Apodemus sp. (topolino selvatico, o rurale)

Rattus norvegicus (ratto delle chiaviche)

Mus musculus (topolino domestico)


Arvicola sp.

Innanzitutto chiariamo chi sono i ratti e chi sono i topi, visto che spesso si tende a fare di tutta l'erba un fascio: esistono diverse specie ed addirittura diversi generi tra i roditori chiamati comunemente "topi". Tali specie sono diverse dal punto di vista biologico e comportamentale.

Il topo comune, topolino di campagna (Mus musculus) è un piccolo roditore della famiglia dei Muridi appartenente al genere Mus (del quale esistono una quarantina di specie). Misura dalla punta del loro naso all'estremità del corpo tra i 65 e i 120 millimetri di lunghezza. La coda è lunga circa 60 - 100 millimetri e pesa tra 12 e 30 grammi. La pelliccia è di colore variabile da marrone chiaro a nero con ventre e fianchi più chiari. In natura, questi roditori si possono cibare di prodotti di origine vegetale quali semi, radici, foglie e steli; di insetti (larve di scarabeo, blatte (sono utili predatori degli scarafaggi), ecc.) e di carne a seconda della disponibilità. Originario dell'Asia centrale è oggigiorno distribuito in tutto il mondo. I roditori del genere Apodemus (topo selvatico), simili ai topolini delle case, sono comuni nelle zone rurali e le case di campagna; il pelo è marrone-brunastro chiaro con parti ventrali e zampe bianche; a volte è presente sia sui fianchi che sul petto una macchia gialla. Gli occhi sono grandi e neri, le orecchie arrotondate, glabre e membranacee, le zampe posteriori nettamente più lunghe di quelle anteriori.

Le arvicole (Arvicola sp., ne esistono parecchie specie e sottospecie diffuse in tutto il mondo) sono dei piccoli roditori molto simili ai topi, di colore variabile: superiormente grigio, grigio-bruno, bruno-giallastro, bruno-nerastro, ma anche completamente nero; sovente soffuso di rossastro; inferiormente bianco-grigio o grigio scuro. Muso breve e arrotondato, orecchi brevi, appena sporgenti dal pelo; occhi piccoli.
Si nutrono di vegetali ma anche insetti (compresi quelli considerati nocivi come gli scarafaggi) e loro larve, molluschi (comprese limacce e lumache), crostacei, giovani anfibi e pesci. Frequentano sia le aree rurali che urbane.

I ratti sono invece roditori appartenenti al genere Rattus. Le 2 specie più comuni sono il ratto delle chiaviche (o surmolotto, pantegana, ratto di fogna) (Rattus norvegicus) ed il ratto dei tetti (ratto nero) (Rattus rattus), entrambi di dimensioni più grandi rispetto ai topi. I ratti sono animali molto intelligenti e socievoli, possono essere facilmente addomesticati. Hanno struttura sociale complessa e sono molto collaborativi e "solidali" tra loro, se per esempio un individuo del gruppo si ammala, viene "assistito" dai compagni, che gli forniscono cibo e calore. I ratti sono animali fortemente sinantropi (vivono nell'ambito delle comunità umane).

Nessun roditore sopra elencato è responsabile della trasmissione di particolari malattie all'uomo e agli animali domestici, non più di qualunque altro animale selvatico. Inoltre per essere potenzialmente esposti al contagio non è sufficiente la mera presenza dell'animale o il contatto diretto ma sarebbe necessario ad esempio che la cute lesa venga a contatto con le feci o le urine dei roditori, che queste ultime vengano ingerite in sufficiente quantità o che ci si faccia mordere a sangue... tutte evenienze abbastanza rare, situazioni che possono essere evitate con un minimo di buon senso.


Un po' di storia riguardante topi e ratti nel rapporto con l'uomo

Negli anni ‘20 un intraprendente agricoltore francese aveva deciso, per preservare i suoi raccolti minacciati dai conigli, di iniettare in una coppia di questi animali i virus della mixomatosi. I risultati furono clamorosi: la mixomatosi si diffuse in tutta l'Europa, distruggendo in alcune regioni fino al 95% dei conigli selvatici. E se la guerra batteriologica aveva funzionato con i conigli, perché non poteva funzionare con i topi?
Il primo germe sul quale si appuntarono le speranze dei ricercatori fu la Salmonella typhimurium, responsabile del paratifo. Ceppi particolarmente virulenti e resistenti di questo microorganismo vennero selezionati e furono disseminati nelle colonie dei topi. L'arma pareva inesorabile, perché il contagio tra i topi non poteva mancare. E sarebbe stato mortale. Gli scienziati, inoltre, assicurarono che nulla sarebbe accaduto agli altri animali, uomo compreso. I risultati, invece, furono disastrosi: nella popolazione dei topi, ben presto, si selezionò un ceppo praticamente immune al paratifo, mentre la Salmonella typhi murium si diffuse - da allora - su tutto il nostro pianeta. A seguito di quello sciagurato esperimento, attraverso alimenti contaminati dall'urina o dalle feci dei topi, il paratifo si è diffuso in tutto il mondo, dilagando anche tra gli equini, i suini, gli ovini, i conigli, i polli, i piccioni, i canarini, le anatre, le lucertole, le tartarughe... e naturalmente l'uomo.
Ancora peggio è andata con la disseminazione bacillo Yersinia pestis, responsabile della peste. Questa malattia specifica dei roditori e trasmessa tramite i morsi delle pulci del genere Xenopsylla è rimasta per millenni confinata tra le colonie di ratto nero (Rattus rattus) dimoranti nei cunicoli delle valli dell'Himalaya fin quando, nel terzo secolo d.C., il commercio della seta, (prodotta da una farfalla, Theophilla mandarina, dimorante anch’essa le valli dell'Himalaya) non determinò la trasmissione dell’infezione all’uomo e le spaventose epidemie culminate nella "Morte Nera" del 1347. Nonostante ciò, verso la fine del secolo scorso, ai proprietari delle grandi fattorie statunitensi sembrò una buona idea mettere in pratica la sciaguratissima teoria consigliata da un veterinario - tale Michael Norton - per liberare le loro terre dal Cynomys gunnisoni un voracissimo roditore. E fu così che carri guidati da immigrati cinesi vennero mandati in ogni dove a disseminare roditori appestati. Il risultato è che, ancora oggi, negli Stati Uniti - in particolare sulle Montagne Rocciose - almeno 65 specie di roditori risultano infettati dalla peste mentre l’infezione, che un anno fa ha ucciso non meno di quaranta persone, rischia di arrivare nelle metropoli.

Sorge spontanea una domanda: chi è il problema, i ratti (che son comparsi ben prima dell'uomo) o l'uomo con la sua incapacità di adattarsi all'ambiente e l'arroganza di piegare tutto secondo i propri capricci?

I ratti ed i topi in natura sono animali estremamente puliti, alla pari degli altri roditori, (tra l'altro passano buona parte della giornata a fare toeletta leccandosi e lisciandosi il pelo!) è l'ambiente in cui vivono (discariche di rifiuti e fognature) che è malsano ed antiigienico, chiunque viva in simili contesti diventerebbe infatti vettore e/o serbatoio di infezioni. Che i ratti di per sé non siano fonte di alcuna malattia trasmissibile all'uomo lo dimostra il fatto che sono ampiamente diffusi quali animali domestici.

Un bambino con un ratto addomesticato: i ratti sono animali estremamente puliti.

Per approfondimenti e se avete problemi di topi o ratti vi invito a leggere i seguenti articoli di questo blog:



Fonti:
Newton n. 5 maggio 1999

Derattizzazione non cruenta ed ecologica


Perché non usare semplicemente delle esche topicide?

1) Perché sono pericolose per l'uomo (specialmente i bambini), gli animali domestici e selvatici, contaminano il suolo e le acque.

2) Perché sono efficaci soltanto per brevi periodi e presto il problema si ripresenterà in modo ancora più grave, mentre i ratti avranno imparato ad evitare le esche (si tratta di mammiferi molto intelligenti) o peggio avranno sviluppato una resistenza.

3) Perché è una crudeltà verso gli animali: le esche agiscono come anticoagulanti, causando una lentissima (12-15 giorni!) e dolorosa morte per emorragie ripetute e soffocamento.

4) Perché le carcasse degli animali morti per aver ingerito le esche avvelenate sono esse stesse pericolose per la salute pubblica, per gli animali domestici e selvatici, e rappresentano un rischio sanitario non trascurabile.

5) Perché esistono delle alternative ecologiche e non cruente alla derattizzazione classica

Le alternative ecologiche e non cruente alla tradizionale derattizzazione, che ha non pochi svantaggi e risulta pericolosissima per l'ambiente, l'uomo e gli animali, esistono: testato in una delle citta' piu' difficili per la presenza di colonie infestanti, un nuovo metodo scientifico e' stato in grado di ridurre in maniera significativa la presenza di roditori in ambiente urbano. Vengono di seguito riportate le fasi di questo lavoro ma dobbiamo avvisare che questa descrizione ha solo valore metodologico per dimostrare la fattibilita' del progetto e non e' detto che possa essere applicato tal quale in altre realta'. Ogni realta' necessita di uno studio preliminare per rendere efficace questo progetto che non presenta spreco di soldi, inquinamento e crudelta'. Invitiamo tutti coloro che desiderano applicare un metodo finalmente risolutivo al discorso derattizzazione a contattarci o contattare direttamente l'Assessorato all'Ambiente di Genova. Fase preliminare: Sono state identificate le zone in cui testare questo nuovo approccio scientifico. Sono stati identificati tutti i fattori di rischio presenti nelle zone selezionate che si possono dividere in: a) dati fissi: non modificabili nel tempo – condizioni degli edifici, presenza di grate e finestre, presenza costante di venditori ambulanti, presenza di servizi igienici, ecc. b) dati variabili: variabili nel tempo – pulizia e manutenzione di strade e aree verdi, manutenzione tombini e cassonetti, presenza di residui di cibo, ecc. Fase operativa: E' stata effettuata la raccolta dei dati con apposite schede ed è stata monitorata la presenza dei roditori tramite posizionamento periodico di cibo in quantita' nota. In questo modo e' stato possibile monitorare con sufficiente precisione luoghi, comportamenti e posizioni delle popolazioni di roditori e metterle in relazione con fattori ambientali e/o strutturali avvenuti per cercare di diminuirne l'impatto a livello sociale. Conclusioni: potendosi avvalere di un progetto che considera dati di tipo biologico, ambientale e statistico è possibile intervenire nei cosiddetti "punti critici" per diminuire drasticamente eventuali danni prodotti dalle colonie di roditori. E' possibile evidenziare come interventi strutturali minimi, e quindi notevolmente vantaggiosi dal punto di vista economico, ma nei posti giusti, siano in grado di creare annullamento o diminuzione della presenza di roditori in maniera definitiva, non inquinante e non cruenta. Tanto per essere chiari: togliere un cassonetto e chiudere una grata identificata come punto critico con un lavoro di 100 euro in totale puo' essere piu' efficace che non migliaia di euro in interventi strutturali grossi o derattizzazione cruente ed inutili (che funzionano solo a brevissimo termine).

PREVENZIONE
E' la cosa più importante.
Topi e ratti sono attirati dagli avanzi di cibo e da luoghi le cui condizioni igieniche sono scarse: la prevenzione migliore consiste nel tenere ben puliti i pavimenti e non lasciare residui alimentari. Ostacolare l’ingresso dei roditori mediante barriere fisiche (buoni serramenti). Se l'ambiente è inospitale per i roditori, questi ultimi si sposteranno altrove.

ULTRASUONI
La derattizzazione ad ultrasuoni si basa sulla generazione di suoni ad alta frequenza (45.000 - 90.000 Hz), mediante appositi circuiti elettronici e loro successiva emissione nell'ambiente da proteggere.
E' stato ampiamente studiato l' effetto degli ultrasuoni su topi, ratti, scarafaggi, ed altri infestanti: essi agiscono a livello neurovegetativo, con effetti di stordimento, nausea, perdita del ritmo giorno/notte, perdita di appetito, diminuzione della prolificità. In sintesi : un effetto-shock.
Non appena il topo/ratto viene interessato dall' ultrasuono entra in uno stato di disagio permanente che può scomparire solo allontanandosi dalla causa, ovvero uscendo dall' ambiente protetto. Per saperne di più sui repellenti ultrasonici invito alla lettura dell'articolo specifico QUI.

PREDATORI
Si potrebbe reinserire quei predatori ormai quasi scomparsi a causa dell'inesorabile processo di cementificazione e distruzione del contesto naturale...
-Uccelli rapaci
-Rettili
-Gatti
La sola presenza dei gatti tende ad allontanare topi e ratti. Più gatti ci sono meglio è. Di solito i gatti non mangiano i ratti (completamente inutile affamare i gatti per costringerli a mangiarli) ma danno loro la caccia disturbando fortemente le loro attività e alla fine li allontanano.

ALTRI METODI NON CRUENTI ED ECOLOGICI per allontanare topi e ratti

Trappole a gabbietta: si catturano i topi o i ratti vivi, che si liberano poi lontano dalla casa. Le trappole logicamente vanno controllate ed i roditori trattati con rispetto ed attenzione.
E' un metodo molto valido per le "derattizzazioni" su piccola e media scala.
Consiglio vivamente la lettura di questo articolo sul presente blog: Rodenticidi (veleno per topi e ratti): solo un pericolosissimo business


Bibliografia e fonti

- Esperienza diretta presso studi veterinari e centri di recupero fauna (dati raccolti nell'arco di 15 anni di attività)

- Frederick M. Fishel, 2005, Pesticide Toxicity Profile: Coumarin and Indandione Rodenticides. Institute of Food and Agricultural Sciences, University of Florida, Gainesville, FL 32611.

- S. Kegley, B. Hill, S. Orme, PAN Pesticide Database, Pesticide Action Network, North America (San Francisco, CA. 2007), http:www.pesticideinfo.org.

- L.J. Casarett & J. Doull "The Basic Science of Poisons", MacMillan Pub. Co. Inc. Ed.

- The Merck veterinary manual: rodenticide poisoning http://www.merckvetmanual.com/mvm/index.jsp?cfile=htm/bc/213000.htm

http://edis.ifas.ufl.edu/pi115 (raccolta di letteratura scientifica sui rodenticidi (University of Florida)

CONTATTI:
Dr. Massimo Tettamanti, chimico, docente Scienze Ambientali e Disinquinamento, Università La Bicocca, Milano.

Veleni per roditori? Più che altro un (pericolosissimo) business

Rodenticidi, esche avvelenate, un pericolosissimo business, che fa leva sulla paura della gente nei confronti dei ratti e dei topi, ed è causa ogni anno di seri danni, più di quanto potenzialmente ne causino i roditori.
Bocconi, paste, sfarinati, e chi più ne ha più ne metta. Esche appetibili e micidiali, di solito a base di anticoagulanti.

Alcuni esempi di esche topicide

Gli anticoagulanti utilizzati per la produzione di esche rodenticide chimicamente appartengono tutti a 2 categorie: cumarine e indandioni. Il loro meccanismo di azione è comunque simile: agiscono a livello del fegato come antagonisti della vitamina K interferendo con la sintesi dei fattori della coagulazione del sangue Vitamina K- dipendenti. La loro azione inizia almeno dopo 3 giorni dall’ingestione, provocando emorragie interne diffuse che debilitano l’animale. La morte sopraggiunge mediamente dopo 12-15 giorni di agonia. Ma questa è solo
la punta di un iceberg, ecco infatti i principali SVANTAGGI dei topicidi/rodenticidi:

1. Il controllo demografico attuato tramite
rodenticida/topicida non e' risolutivo e
deve essere ripetuto periodicamente.

2. I costi sono sempre abbastanza elevati.
La necessita' di ripetere le derattizzazioni
peggiora ulteriormente e notevolmente il
rapporto costi/benefici delle derattizzazioni
tradizionali.

3. Nonostante normalmente nelle derattizzazioni
vengano applicati cartelli di segnalazione il
pericolo per bambini piccoli non seguiti
continuamente dai genitori e' reale.

4. L'impatto ambientale dei rodenticidi/topicidi
e' notevole: passano nelle falde e causano danni
agli organismi acquatici, contaminano i sedimenti
ed alcuni si comportano da interferenti endocrini
(interferiscono con il funzionamento del sistema
ormonale di molti organismi viventi, uomo compreso).

5. I veleni rilasciati sul suolo pubblico possono
provocare la morte di molti altri animali
domestici e selvatici.
In vari comuni in Italia si sono verificate vere
e proprie morie di cani e gatti a causa delle
esche topicide posizionate dagli addetti comunali.

6. Esistono anche casi di stragi di piccoli uccelli
quasi sicuramente dovuti all'assunzione di veleno
per topi lasciato in un luogo accessibile.

7. Visto che topi e ratti si trovano in fondo alla
catena alimentare, i predatori che si cibano di
questi ultimi potrebbero a loro volta venire
avvelenati. In pericolo dunque potrebbero essere
anche delle specie protette (rapaci, ecc).

8. I roditori sviluppano nel tempo una resistenza
nei confronti delle sostanze tossiche, e pertanto
diventa necessario studiare ed immettere
nell'ambiente veleni sempre diversi e sempre più
potenti, dagli effetti imprevedibili.

9. Ogni volta che si immette in commercio una nuova
sostanza chimica la legge richiede test di tossicità
su diverse specie animali: ciò significa che decine di cani,
gatti, uccelli, pesci, ecc. verranno avvelenati appositamente,
solo per scrivere sull’etichetta del prodotto la DL50
ovvero la dose letale per il 50% degli animali su cui si è fatto
l’esperimento.

10. Il rilascio di cadaveri degli animali avvelenati
rappresenta un'ulteriore fonte di inquinamento
nell'ambiente urbano ed un notevole problema di carattere
igienico, molto più di quanto lo rappresentino i topi vivi.

11. Esistono soluzioni alternative, più efficaci nel tempo, rispettose della vita e
dell'ambiente. Per le soluzioni ecologiche al problema, vedi post dedicato. La derattizzazione con l'uso di veleni è un metodo superato, la cui unica ragione di esistere è il business delle aziende che vendono questi prodotti.

Esche topicide sparse in un ex supermercato in abbandono: piuttosto che asportare i residui di cibo e pulire si è preferito lasciare tutto lì in completo degrado e spargere veleni!
Una carcassa di ratto sull'asfalto bagnato dalla pioggia

Bibliografia e fonti

Esperienza diretta presso studi veterinari e centri di recupero fauna

- Frederick M. Fishel, 2005, Pesticide Toxicity Profile: Coumarin and Indandione Rodenticides. Institute of Food and Agricultural Sciences, University of Florida, Gainesville, FL 32611.

- S. Kegley, B. Hill, S. Orme, PAN Pesticide Database, Pesticide Action Network, North America (San Francisco, CA. 2007), http:www.pesticideinfo.org.


- L.J. Casarett & J. Doull "The Basic Science of Poisons", MacMillan Pub. Co. Inc. Ed.

CONTATTI:
Dr. Massimo Tettamanti, chimico, docente Scienze Ambientali e Disinquinamento, Università La Bicocca, Milano.