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18 marzo 2010

Troppa igiene ci fa ammalare

L’ IGIENE MANIACALE DEI NOSTRI TEMPI
Neonati che vivono in ambienti asettici, sterilizzazione maniacale di biberon e tettarelle, bambini che non giocano più all’aria aperta e che hanno scarsi o nulli contatti ravvicinati con la terra, le piante e gli animali. Uso eccessivo ed inopportuno di antibiotici, detergenti antibatterici, detersivi e disinfettanti.  Beviamo acqua disinfettata, assumiamo alimenti pastorizzati, sterilizzati, conservati.
Se da un lato le basilari norme di igiene dettate dal buon senso si rivelano utili alla salvaguardia della salute, l’igiene eccessiva dei nostri tempi rischia di diventare più pericolosa degli stessi batteri che temiamo tanto e che vorremmo combattere.
Perché l’ eccessivo ricorso alle pratiche igieniche è dannoso per salute?
Perché la natura ci ha dotato di un sistema di difesa, il sistema immunitario, che è programmato per distruggere gli invasori (batteri, funghi, virus, parassiti, ecc.) e funziona grazie all’esistenza di delicati equilibri. Il sistema immunitario è un sistema dinamico, dotato di memoria e capacità di distinguere quelli che sono gli invasori (“non self”) da quello che invece è innocuo e ci appartiene (“self”).  Durante tutto l’arco della vita e soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza, il sistema immunitario impara a riconoscere i “nemici” (antigeni) e risponde con la produzione di anticorpi o particolari cellule specifiche in grado di difenderci.  Affinché il sistema si sviluppi in modo armonico ed efficiente è necessario però un adeguato contatto con gli “invasori”.

Cosa accade al sistema immunitario quando esageriamo con l’igiene e quali sono le conseguenze sulla nostra salute?
1-  Riducendo drasticamente il contatto dell’organismo con i batteri ed altri “nemici” naturali ma anche con agenti innocui (quali ad esempio pollini, polvere, pelo e/o saliva di animali, ecc.), ostacoliamo l’”addestramento” del nostro sistema di difesa a riconoscere gli agenti responsabili delle malattie e a distinguerli da quelli che invece sono inoffensivi.
2-  Essendo il sistema immunitario  programmato ad incontrare, riconoscere ed eventualmente distruggere una grande quantità di agenti estranei , nel caso in cui tale possibilità sia preclusa o fortemente limitata da un’ eccessiva igiene, il sistema immunitario tende a compensare lo squilibrio dirigendo la sua naturale aggressività nei confronti degli agenti più disparati, anche se normalmente innocui per un organismo sano (pollini, pelo, animali, piante, alimenti, ecc.).  Ed ecco le allergie, malattie non a caso sempre più frequenti nell’ambito delle società industrializzate moderne.
3- Esistono degli studi scientifici che dimostrano che i bambini che sono stati infestati almeno una volta da elminti intestinali (vermi), hanno una più bassa probabilità di sviluppare da adulti una malattia allergica; esiste anche l’ipotesi che lo stesso valga per le malattie autoimmuni.  Altri studi dimostrano come l’incidenza e la prevalenza delle malattie allergiche siano bassissime nelle persone esposte al contatto abituale con animali, soprattutto se fin dalla tenera età.
4- Un’ eccessiva igiene personale altera la naturale barriera idrolipidica della nostra cute e distrugge la flora batterica utile con il risultato di esporci maggiormente ad infezioni, dermatiti, allergie.
5- L’esagerata igiene della casa e l’uso abituale di disinfettanti e antibatterici crea dei fenomeni di “resistenza” nei batteri, che diventano sempre più aggressivi ed è perciò necessario immettere sul mercato sempre nuovi prodotti, innescando una catena senza fine a danno della nostra salute e dell’ambiente.

Conclusioni
Non lasciamoci prendere dal furore igienista ma affidiamoci ad un sano buon senso. Anche se non disinfettiamo la casa e non sterilizziamo a tutti i costi gli accessori del neonato, anche se dividiamo il letto con Micio e nostro figlio da un bacio a Fido, ciò non costituisce un pericolo per la salute, anzi, è utile a lungo termine a preservarla.

Bibliografia
Alm JS, Swartz J, Lilja C, et al. Atopy in children of families with an antroposophic style. Lancet 1999;353:1485-8.
Bibi H, Shoseyov D, Feigenbaum D, Nir P, et al. Comparison of positive allergy skin tests among asthmatic children from rural and urban areas living within small geographic area. Ann Allergy Asthma Immunol 2002;88:416-20.
Braun-Fahrländer C. The role of the farm environment and animal contact for the devolepment of asthma and allergies. Clin Exp Allergy 2001;31:1799-1803.
Braun-Fahrländer C, Lauener R. Farming and protective agents against allergy and asthma (Editorial). Clin Exp Allergy 2003;33:409-11.
Coulie P. Reasons for the increase in the Prevalence of Allergies. ACI Internat 2002;14:288-9.
Davis RJ, Rusznak C, Devalia JL. Why is allergy increasing? Environmental factors. Cl Exp Allergy 1998;28(Suppl 6):8-14.
Droste JHJ, Wieringa MH, Weyler JJ, et al. Does the use of antibiotics in early childhood increase the risk of asthma and allergic disease? Clin Exp Allergy 2000;30:1547-53.
Janeway, P. Travers, M. Walport, M. Shlomchik: Immunobiologia - fisiologia e fisiopatologia del sistema
immunitario. Piccin, Padova, 2007
Matricardi PM, Bonini S. High microbial turnover rate preventing atopy: a solution to inconsistencies impinging on the Hygiene hypothesis? Clin Exp Allergy 2000;30:1506-10
McGuirk P, Mills KHG. Pathogen-specific regulatory cells provoke a shift in the Th1/Th2 paradigm in immunity to infectious diseases. Trends in Immunology 2002;23:450-5.
Nespoli L, Salvatore S, Piantanida E. Microrganismi ambientali, microflora intestinale, omeostasi immunitaria. SIAIP 2002;16:65-74.
Rook GAW, Stanford JL. Give us this day our daily germs. Immunol Today 1998;19:113-6.
Von Mutius E, Braun-Fahrländer C, Schierl R, et al. Exposure to endotoxin or other bacterial components might protect against the development of atopy. Clin Exp Allergy 2000;30:1230-4.

7 marzo 2008

Gatti donne in gravidanza e toxoplasmosi


Molti ginecologi spaventano le pazienti in dolce attesa con lo spauracchio della toxoplasmosi. Le donne in gravidanza,  seguendo le direttive di medici poco aggiornati e mal informati in materia, allontanano così da casa il/i proprio/i gatto/i evitando ossessivamente il contatto con i felini.  Nel corso di questo articolo vengono sfatati quelli che sono i più radicati quanto inutili (e dannosi) pregiudizi.
La toxoplasmosi è una malattia causata da un piccolo organismo, un protozoo che si chiama Toxoplasma gondii, una malattia che può essere pericolosa per il feto soprattutto se contratta nel primo quadrimestre di gravidanza. L’ospite definitivo di Toxoplasma è il gatto, che, se infestato, emette il parassita nell’ambiente attraverso le feci: da qui sono nati numerosi miti da sfatare, secondo cui le donne recettive (non già immuni) in gravidanza  non dovrebbero avere contatti con i gatti. Vediamo di seguito tutti i motivi scientificamente documentati per smantellare questi inutili “terrorismi medici”:
1- La toxoplasmosi non è una malattia propria del gatto ma è comune a quasi tutti i mammiferi, gli uccelli, i rettili e persino alcuni molluschi. Ci si può infestare ingerendo le carni crude o poco cotte degli animali infestati (soprattutto agnello, selvaggina, maiale da cui gli insaccati, a volte manzo), mangiando degli ortaggi mal lavati contaminati con le oocisti o facendo del semplice giardinaggio (la terra può facilmente essere contaminata da oocisti).  Infestarsi attraverso il contatto con le feci del gatto (che a sua volta dev’essere infestato) è possibile soltanto in determinate condizioni.
2- E’ stato ridimensionato il ruolo del gatto come portatore della malattia, in particolare se si tratta di un gatto domestico, la cui lettiera viene pulita frequentemente: sono necessarie infatti al minimo 24 ore affinché il parassita presente eventualmente nelle feci del gatto (sotto forma di oocisti) assuma una forma di resistenza e diventi quindi infestante per l’uomo. Il gatto normalmente emette le oocisti solo per 2 settimane durante la fase acuta della malattia. E’ inoltre molto remota la possibilità che un gatto che vive in casa si infesti con Toxoplasma, soprattutto se nella sua dieta non sono abitualmente presenti carni crude di roditori ed uccellini a loro volta portatori di Toxoplasma.
3- E’ sufficiente seguire dei piccoli accorgimenti per tutelare la propria salute e quella del nascituro:  cambiare frequentemente la lettiera (basta una volta al giorno), usare eventualmente i guanti e comunque lavarsi le mani dopo l’operazione. Evitare di consumare carni crude o poco cotte (compresi insaccati), lavare bene gli ortaggi  con acqua corrente e bicarbonato, usare i guanti quando si fa del giardinaggio.
Allontanare il proprio gatto dalla casa ed evitare ogni contatto con i felini quando si è in gravidanza è del tutto inutile, il rischio di contrarre la toxoplasmosi dal proprio gatto è infatti molto basso (praticamente nullo se si seguono i consigli sopra citati), molto più basso di quello che si corre mangiando carni crude o poco cotte (compresi insaccati), facendo del giardinaggio o mangiando degli ortaggi mal lavati.
Manuela Cassotta

Riferimenti bibliografici


Seipel Da Silva Azer, D., Bahia-Oliveira, L.M., Shen, S.K., Kwok, O.C., Lehman, T., Dubey, J.P. 2003. Prevalence of toxoplasma gondii in chickens from a highly endemic area to humans in southern brazil. Journal of Parasitology 89:394-396.
Hwang, Y.T., Pitt, J.A., Quirk, T.W., Dubey, J.P. 2007. Toxoplasma gondii in mesocarnivores in Canada. Journal of Parasitology 93:1370-1373. seroprevalence of toxoplasma gondii in mesocarnivore of the canadian prairies . Journal of Parasitology.
“Parassitologia veterinaria”, G.M. Urquhart; J.Armour; J.L.Duncan; A.M.Dunn; F.W. Jennings. Ed. italiana a cura di C. Genchi. Casa Ed. UTET.
Remington, Klein: “Infectious Diseases of fetus and newborn infant” ed. Saunders 1990 ; 1995 ; 2001.
H. Pelloux : Congenital toxoplasmosis: prevention in the pregnant woman and management of the neonate. Arch Pediatr , 206-12 , 2002.
R. Gangneux : Contribution of new techniques for the diagnosis of congenital Toxoplasmosis. Clin Lab , 47, 135-41, 2001.

6 marzo 2008

Ratti e topi: un po' di chiarezza

Apodemus sp. (topolino selvatico, o rurale)

Rattus norvegicus (ratto delle chiaviche)

Mus musculus (topolino domestico)


Arvicola sp.

Innanzitutto chiariamo chi sono i ratti e chi sono i topi, visto che spesso si tende a fare di tutta l'erba un fascio: esistono diverse specie ed addirittura diversi generi tra i roditori chiamati comunemente "topi". Tali specie sono diverse dal punto di vista biologico e comportamentale.

Il topo comune, topolino di campagna (Mus musculus) è un piccolo roditore della famiglia dei Muridi appartenente al genere Mus (del quale esistono una quarantina di specie). Misura dalla punta del loro naso all'estremità del corpo tra i 65 e i 120 millimetri di lunghezza. La coda è lunga circa 60 - 100 millimetri e pesa tra 12 e 30 grammi. La pelliccia è di colore variabile da marrone chiaro a nero con ventre e fianchi più chiari. In natura, questi roditori si possono cibare di prodotti di origine vegetale quali semi, radici, foglie e steli; di insetti (larve di scarabeo, blatte (sono utili predatori degli scarafaggi), ecc.) e di carne a seconda della disponibilità. Originario dell'Asia centrale è oggigiorno distribuito in tutto il mondo. I roditori del genere Apodemus (topo selvatico), simili ai topolini delle case, sono comuni nelle zone rurali e le case di campagna; il pelo è marrone-brunastro chiaro con parti ventrali e zampe bianche; a volte è presente sia sui fianchi che sul petto una macchia gialla. Gli occhi sono grandi e neri, le orecchie arrotondate, glabre e membranacee, le zampe posteriori nettamente più lunghe di quelle anteriori.

Le arvicole (Arvicola sp., ne esistono parecchie specie e sottospecie diffuse in tutto il mondo) sono dei piccoli roditori molto simili ai topi, di colore variabile: superiormente grigio, grigio-bruno, bruno-giallastro, bruno-nerastro, ma anche completamente nero; sovente soffuso di rossastro; inferiormente bianco-grigio o grigio scuro. Muso breve e arrotondato, orecchi brevi, appena sporgenti dal pelo; occhi piccoli.
Si nutrono di vegetali ma anche insetti (compresi quelli considerati nocivi come gli scarafaggi) e loro larve, molluschi (comprese limacce e lumache), crostacei, giovani anfibi e pesci. Frequentano sia le aree rurali che urbane.

I ratti sono invece roditori appartenenti al genere Rattus. Le 2 specie più comuni sono il ratto delle chiaviche (o surmolotto, pantegana, ratto di fogna) (Rattus norvegicus) ed il ratto dei tetti (ratto nero) (Rattus rattus), entrambi di dimensioni più grandi rispetto ai topi. I ratti sono animali molto intelligenti e socievoli, possono essere facilmente addomesticati. Hanno struttura sociale complessa e sono molto collaborativi e "solidali" tra loro, se per esempio un individuo del gruppo si ammala, viene "assistito" dai compagni, che gli forniscono cibo e calore. I ratti sono animali fortemente sinantropi (vivono nell'ambito delle comunità umane).

Nessun roditore sopra elencato è responsabile della trasmissione di particolari malattie all'uomo e agli animali domestici, non più di qualunque altro animale selvatico. Inoltre per essere potenzialmente esposti al contagio non è sufficiente la mera presenza dell'animale o il contatto diretto ma sarebbe necessario ad esempio che la cute lesa venga a contatto con le feci o le urine dei roditori, che queste ultime vengano ingerite in sufficiente quantità o che ci si faccia mordere a sangue... tutte evenienze abbastanza rare, situazioni che possono essere evitate con un minimo di buon senso.


Un po' di storia riguardante topi e ratti nel rapporto con l'uomo

Negli anni ‘20 un intraprendente agricoltore francese aveva deciso, per preservare i suoi raccolti minacciati dai conigli, di iniettare in una coppia di questi animali i virus della mixomatosi. I risultati furono clamorosi: la mixomatosi si diffuse in tutta l'Europa, distruggendo in alcune regioni fino al 95% dei conigli selvatici. E se la guerra batteriologica aveva funzionato con i conigli, perché non poteva funzionare con i topi?
Il primo germe sul quale si appuntarono le speranze dei ricercatori fu la Salmonella typhimurium, responsabile del paratifo. Ceppi particolarmente virulenti e resistenti di questo microorganismo vennero selezionati e furono disseminati nelle colonie dei topi. L'arma pareva inesorabile, perché il contagio tra i topi non poteva mancare. E sarebbe stato mortale. Gli scienziati, inoltre, assicurarono che nulla sarebbe accaduto agli altri animali, uomo compreso. I risultati, invece, furono disastrosi: nella popolazione dei topi, ben presto, si selezionò un ceppo praticamente immune al paratifo, mentre la Salmonella typhi murium si diffuse - da allora - su tutto il nostro pianeta. A seguito di quello sciagurato esperimento, attraverso alimenti contaminati dall'urina o dalle feci dei topi, il paratifo si è diffuso in tutto il mondo, dilagando anche tra gli equini, i suini, gli ovini, i conigli, i polli, i piccioni, i canarini, le anatre, le lucertole, le tartarughe... e naturalmente l'uomo.
Ancora peggio è andata con la disseminazione bacillo Yersinia pestis, responsabile della peste. Questa malattia specifica dei roditori e trasmessa tramite i morsi delle pulci del genere Xenopsylla è rimasta per millenni confinata tra le colonie di ratto nero (Rattus rattus) dimoranti nei cunicoli delle valli dell'Himalaya fin quando, nel terzo secolo d.C., il commercio della seta, (prodotta da una farfalla, Theophilla mandarina, dimorante anch’essa le valli dell'Himalaya) non determinò la trasmissione dell’infezione all’uomo e le spaventose epidemie culminate nella "Morte Nera" del 1347. Nonostante ciò, verso la fine del secolo scorso, ai proprietari delle grandi fattorie statunitensi sembrò una buona idea mettere in pratica la sciaguratissima teoria consigliata da un veterinario - tale Michael Norton - per liberare le loro terre dal Cynomys gunnisoni un voracissimo roditore. E fu così che carri guidati da immigrati cinesi vennero mandati in ogni dove a disseminare roditori appestati. Il risultato è che, ancora oggi, negli Stati Uniti - in particolare sulle Montagne Rocciose - almeno 65 specie di roditori risultano infettati dalla peste mentre l’infezione, che un anno fa ha ucciso non meno di quaranta persone, rischia di arrivare nelle metropoli.

Sorge spontanea una domanda: chi è il problema, i ratti (che son comparsi ben prima dell'uomo) o l'uomo con la sua incapacità di adattarsi all'ambiente e l'arroganza di piegare tutto secondo i propri capricci?

I ratti ed i topi in natura sono animali estremamente puliti, alla pari degli altri roditori, (tra l'altro passano buona parte della giornata a fare toeletta leccandosi e lisciandosi il pelo!) è l'ambiente in cui vivono (discariche di rifiuti e fognature) che è malsano ed antiigienico, chiunque viva in simili contesti diventerebbe infatti vettore e/o serbatoio di infezioni. Che i ratti di per sé non siano fonte di alcuna malattia trasmissibile all'uomo lo dimostra il fatto che sono ampiamente diffusi quali animali domestici.

Un bambino con un ratto addomesticato: i ratti sono animali estremamente puliti.

Per approfondimenti e se avete problemi di topi o ratti vi invito a leggere i seguenti articoli di questo blog:



Fonti:
Newton n. 5 maggio 1999

Veleni per roditori? Più che altro un (pericolosissimo) business

Rodenticidi, esche avvelenate, un pericolosissimo business, che fa leva sulla paura della gente nei confronti dei ratti e dei topi, ed è causa ogni anno di seri danni, più di quanto potenzialmente ne causino i roditori.
Bocconi, paste, sfarinati, e chi più ne ha più ne metta. Esche appetibili e micidiali, di solito a base di anticoagulanti.

Alcuni esempi di esche topicide

Gli anticoagulanti utilizzati per la produzione di esche rodenticide chimicamente appartengono tutti a 2 categorie: cumarine e indandioni. Il loro meccanismo di azione è comunque simile: agiscono a livello del fegato come antagonisti della vitamina K interferendo con la sintesi dei fattori della coagulazione del sangue Vitamina K- dipendenti. La loro azione inizia almeno dopo 3 giorni dall’ingestione, provocando emorragie interne diffuse che debilitano l’animale. La morte sopraggiunge mediamente dopo 12-15 giorni di agonia. Ma questa è solo
la punta di un iceberg, ecco infatti i principali SVANTAGGI dei topicidi/rodenticidi:

1. Il controllo demografico attuato tramite
rodenticida/topicida non e' risolutivo e
deve essere ripetuto periodicamente.

2. I costi sono sempre abbastanza elevati.
La necessita' di ripetere le derattizzazioni
peggiora ulteriormente e notevolmente il
rapporto costi/benefici delle derattizzazioni
tradizionali.

3. Nonostante normalmente nelle derattizzazioni
vengano applicati cartelli di segnalazione il
pericolo per bambini piccoli non seguiti
continuamente dai genitori e' reale.

4. L'impatto ambientale dei rodenticidi/topicidi
e' notevole: passano nelle falde e causano danni
agli organismi acquatici, contaminano i sedimenti
ed alcuni si comportano da interferenti endocrini
(interferiscono con il funzionamento del sistema
ormonale di molti organismi viventi, uomo compreso).

5. I veleni rilasciati sul suolo pubblico possono
provocare la morte di molti altri animali
domestici e selvatici.
In vari comuni in Italia si sono verificate vere
e proprie morie di cani e gatti a causa delle
esche topicide posizionate dagli addetti comunali.

6. Esistono anche casi di stragi di piccoli uccelli
quasi sicuramente dovuti all'assunzione di veleno
per topi lasciato in un luogo accessibile.

7. Visto che topi e ratti si trovano in fondo alla
catena alimentare, i predatori che si cibano di
questi ultimi potrebbero a loro volta venire
avvelenati. In pericolo dunque potrebbero essere
anche delle specie protette (rapaci, ecc).

8. I roditori sviluppano nel tempo una resistenza
nei confronti delle sostanze tossiche, e pertanto
diventa necessario studiare ed immettere
nell'ambiente veleni sempre diversi e sempre più
potenti, dagli effetti imprevedibili.

9. Ogni volta che si immette in commercio una nuova
sostanza chimica la legge richiede test di tossicità
su diverse specie animali: ciò significa che decine di cani,
gatti, uccelli, pesci, ecc. verranno avvelenati appositamente,
solo per scrivere sull’etichetta del prodotto la DL50
ovvero la dose letale per il 50% degli animali su cui si è fatto
l’esperimento.

10. Il rilascio di cadaveri degli animali avvelenati
rappresenta un'ulteriore fonte di inquinamento
nell'ambiente urbano ed un notevole problema di carattere
igienico, molto più di quanto lo rappresentino i topi vivi.

11. Esistono soluzioni alternative, più efficaci nel tempo, rispettose della vita e
dell'ambiente. Per le soluzioni ecologiche al problema, vedi post dedicato. La derattizzazione con l'uso di veleni è un metodo superato, la cui unica ragione di esistere è il business delle aziende che vendono questi prodotti.

Esche topicide sparse in un ex supermercato in abbandono: piuttosto che asportare i residui di cibo e pulire si è preferito lasciare tutto lì in completo degrado e spargere veleni!
Una carcassa di ratto sull'asfalto bagnato dalla pioggia

Bibliografia e fonti

Esperienza diretta presso studi veterinari e centri di recupero fauna

- Frederick M. Fishel, 2005, Pesticide Toxicity Profile: Coumarin and Indandione Rodenticides. Institute of Food and Agricultural Sciences, University of Florida, Gainesville, FL 32611.

- S. Kegley, B. Hill, S. Orme, PAN Pesticide Database, Pesticide Action Network, North America (San Francisco, CA. 2007), http:www.pesticideinfo.org.


- L.J. Casarett & J. Doull "The Basic Science of Poisons", MacMillan Pub. Co. Inc. Ed.

CONTATTI:
Dr. Massimo Tettamanti, chimico, docente Scienze Ambientali e Disinquinamento, Università La Bicocca, Milano.